Remote Working e digitalizzazione: dipendenti e CIO a confronto

da | Lug 11, 2023 | Blog

Il lavoro è cambiato, ma gli strumenti no | Uno studio di Logitech

Il lavoro ibrido è incentrato sulla relazione tramite video e sulla collaborazione online; tutto ciò richiede nuovi strumenti per consentire ai dipendenti di comunicare in modo fluido e senza inefficienze.

Gran parte dei dipendenti continua ad affrontare la giornata lavorativa con i dispositivi che utilizzava in ufficio, portati a casa quando è iniziata la transizione verso lo smart working.

Tutto ciò sta causando una serie di problemi di comunicazione e collaborazione mentre le persone si adattano permanentemente a un nuovo modo di lavorare.

Anche la formazione è stata profondamente coinvolta. Con i dipendenti fisicamente distanti, talvolta con orari lavorativi differenti, è più complesso organizzare la didattica e motivare i dipendenti a seguire corsi e lezioni.

La formazione diventa sempre più smart per adeguarsi al new normal di vita e lavorativo degli utenti.

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I corsi non sono più esclusivamente in presenza o in sincrono (dal vivo o in webinar), ma crescono le proposte di percorsi blended che permettono di scegliere tempo e luogo per l’apprendimento, pur tenendo fissi gli obiettivi da raggiungere: le nuove proposte formative – spesso organizzate in sessioni di microlearning,  come quelle di LinkedIn – hanno un vantaggio enorme per le persone: consentono una totale personalizzazione basata sugli obiettivi dell’azienda, condivisi con l’utente, tenendo conto però delle preferenze delle singole persone.

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Inoltre, la formazione asincrona, soprattutto per quei temi che non prevedono particolari modalità di carattere esperienziale in presenza (come la formazione sulla sicurezza obbligatoria), consente all’utente di scegliere in totale autonomia luoghi, tempi e durata delle sessioni, in funzione delle sue specifiche esigenze.

Crediamo talmente che questo sia il presente oltre che un futuro inevitabile. Per questo abbiamo creato una piattaforma di e-learning proprietaria, in linea con tutte le regole dei fondi interprofessionali ed abbiamo realizzato nei nostri studi di registrazione, con i nostri esperti certificati, i corsi per la sicurezza (per info: valentina.vago@etass.it).

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I datori di lavoro, però, molte volte non sono consapevoli delle sfide che i loro dipendenti devono affrontare lavorando da remoto o presumono che i dipendenti si limitino a “lamentarsi” per ottenere strumenti adeguati e nuove modalità di comunicazione e crescita, di cui però non hanno veramente bisogno.

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La situazione è stata oggetto di studio da parte di Logitech che ha realizzato una ricerca che ha coinvolto 3.000 lavoratori e 1.000 decisori IT (figura che sta assumendo un’importanza sempre più centrale nelle strategie di business aziendali e le cui mansioni abbracciano settori trasversali che richiedono una conoscenza a tutto tondo non solo della realtà per cui si lavora, ma anche del contesto in cui si trova a operare).

Vediamo insieme alcuni dati rispetto allo stato dell’arte della situazione smart working e comportamenti messi in atto dalle aziende per favorire il lavoro da casa.

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Dalla ricerca emerge che nonostante il lavoro ibrido e le varie forme di smart working siano ormai la norma per moltissime persone, la dotazione di device IT e hardware messi a disposizione dall’azienda non è cambiata.

Più della metà delle aziende fornisce oltre al computer, mouse (65%), tastiera (59%), monitor (52%), auricolare e telefono (52%).

Ma solo il 37% degli smart worker ha ricevuto in dotazione anche una webcam e solo il 28% ha avuto anche degli altoparlanti esterni.

La parte audio è ancor meno tenuta in considerazione dalle imprese (quando invece gli esperti sottolineano come la qualità del suono sia determinante nella efficacia delle comunicazioni digitali).

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Ma parliamo di numeri e entriamo nello specifico: meno di un dipendente su quattro ha ricevuto dall’azienda anche degli auricolari wireless a testimonianza della scarsa sensibilità sul tema lato impresa (mentre quasi la totalità degli intervistati – l’89% – si lamenta di scarsa qualità di audio e video delle videoconference e meeting online).

I lavoratori ibridi sono quindi generalmente sotto-equipaggiati e le aziende sottostimano i problemi con cui si trovano a fare i conti quotidianamente in un mondo del lavoro trasformato.

Questa situazione porta a una perdita di produttività, di concentrazione, di benessere e performance, dati da una serie di condizioni ambientali e tecnologiche.

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Il 53% degli intervistati dichiara di essere costretto a controllare spesso il corretto funzionamento di altoparlante e microfono, oltre che sistemare le luci in modo da avere un’illuminazione accettabile: ciò causa distrazione e stress e non aggiunge valore all’immagine dell’azienda.

Anche il fatto di non lavorare in ufficio ma in un ambiente pensato per altri usi (la propria casa) non agevola, soprattutto se non si è i soli a lavorare in smart working o si hanno figli con cui si è costretti a condividere spazi comuni.

Gli effetti dell’utilizzo degli ambienti domestici per fini professionali hanno ripercussioni anche sull’uso del tempo: quasi la metà degli smart worker afferma di dover dedicare tempo alla sistemazione dell’area attorno al tavolo prima di una riunione online.

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Questi problemi e disagi potrebbero essere attenuati o addirittura risolti dotando i dipendenti di dispositivi adeguati (ad esempio cuffie e microfoni con riduzione del rumore, webcam di qualità).

Un’altra strada percorribile può essere replicare la scelta in controtendenza che ha fatto la nota azienda di Modena, la Panini, che ha riconosciuto, a titolo di rimborso spese, un contributo di 2 euro per ogni giorno di lavoro agile. In questo modo si comunica un principio aziendale forte, ovvero che i costi dei mezzi di produzione devono restare a carico dell’azienda e non gravare sulle spalle dei lavoratori, neanche indirettamente.

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Non mancano aziende che hanno provveduto a sfruttare il bonus smart working nel 2021 per l’acquisto di beni e servizi necessari al dipendente per lavorare da casa: dal computer alla connessione internet, dalle scrivanie ad apparecchi d’illuminazione.

Così come ci sono degli esempi più che virtuosi anche da parte di PMI e startup.

È il caso di Techyon, società specializzata nella ricerca e selezione di professionisti nell’Information Technology, che ha lanciato addirittura uno «smart working camp».

La giovane azienda milanese fondata da Federico Colacicchi e Jacopo Tonelli (due veri talenti poco più che trentenni) offre ai collaboratori la possibilità di lavorare in remoto trascorrendo gratuitamente fino a 4 settimane consecutive alle Canarie (per più volte durante l’anno).

Il camp è stato pensato su misura degli smart worker, che si trovano a lavorare vista oceano e ad avere la possibilità di gestire il proprio tempo libero in un modo ottimale.

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Il modello Techyon pare funzioni molto bene visto che l’azienda fondata nel 2019 ha chiuso il 2022 con straordinari risultati economici: 5 milioni di euro di fatturato e un incremento dei ricavi pari al 43% rispetto al 2021.

Di segno opposto sono invece i segnali che arrivano dagli States: è noto a tutti quanto deciso da Elon Musk, che ha richiamato i dipendenti di Tesla a lavorare in presenza.

Segnali identici in altra forma sono arrivati anche da GoogleAppleGoldman Sachs tanto per fare alcuni nomi di casi noti alla stampa.

E voi cosa ne pensate?

E soprattutto, la vostra azienda sta sostenendo gli smart worker (che peraltro secondo le ultime ricerche in Italia sarebbero addirittura disposti a rinunciare a parte del compenso pur di non rientrare in ufficio)?

Laura Colombo

AD ETAss | Career and Digital Coach ICF and mBIT Certified | past Forbes HR Council Editor | LinkedIn Partner | HR Communication | Employer Branding | Talent Acquisition | Libera Pensatrice


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