La laurea non basta più | Saperi molecolari e competenze specialistiche prevarranno sui titoli di studio

da | Dic 11, 2021 | Blog

Sviluppo e miglioramento delle capacità umane e delle competenze sono fattori chiave dell’economia, del successo, del benessere individuale e coesione sociale.

Il passaggio al lavoro del futuro è definito dalle nuove tecnologie, dai nuovi settori e mercati, dai sistemi economici globali interconnessi come mai prima nella storia, e da informazioni e dati che viaggiano a folle velocità e si diffondono a macchia d’olio.

L’ultimo decennio ha consentito una possibilità di spostamento delle persone senza precedenti, evidenziando disparità e differenze di competenze nel sistema economico mondiale.

In questo mercato del lavoro fortemente digitalizzato emergono due elementi in modo preponderante: da una parte la carenza di competenze contemporanee, dall’altra l’affermazione del primato dell’intelligenza umana verso l’intelligenza artificiale.

Ora, con la pandemia, milioni di lavoratori hanno trasformato profondamente le loro vite dentro e fuori gli ambienti di lavoro, modificando il concetto stesso di benessere e produttività.

Molte aziende hanno dovuto riorientare e a volte rifondare la propria strategia: l’alternativa sarebbe stato sopperire in un mercato in stallo e in forte perturbazione.

Quale prospettiva si sta palesando per il mercato del lavoro, lato persone e lato imprese?

Il mercato del lavoro verrà rivoluzionato in un’ampia gamma di settori e aree geografiche, il che significa uno stravolgimento del sistema produttivo, organizzativo e relazionale e un ripensamento degli stili di vita di tutti noi.

Leggendo i dati dell’indagine sul futuro del lavoro del WEF si evince che, in media il 15% delle aziende sono a rischio di cessazione da oggi fino al 2025: ciò comporta che circa il 6% dei lavoratori perderà la propria occupazione.

Inoltre, le aziende – consapevoli del fatto che nell’arco di 5 anni il 44% delle competenze necessarie ai dipendenti per svolgere i propri ruoli in modo efficace cambierà radicalmente – stanno cercando di compensare al gap di competenze fornendo opportunità di riqualificazione e miglioramento al personale (73%).

Fenomeno che sta facendo decollare il settore dell’e-learning, soprattutto nella fruizione di micro-corsi su specifici topic, di immediata utilità e applicabilità in termini di aumento delle capacità operative.

Dal rapporto del WEF emerge una parola che si ripete, nei testi, nelle tabelle, nelle didascalie: accelerazione. Sta accelerando lo sviluppo tecnologico, i fabbisogni dei consumatori e degli stessi lavoratori, i mutamenti delle modalità operative, i cambiamenti del modo di lavorare e del concetto stesso del lavoro.

La sfida quindi si pone proprio su questo tema: la capacità di rispondere in tempi brevissimi alla necessità improcrastinabile di elevare ed aggiornare le competenze per far fronte tempestivamente allo tsunami pandemico.

In questo panorama, il titolo di studio, elemento centrale nei requisiti indispensabili richiesti ai candidati, dirimente per la scelta dei selezionati, indispensabile per il successo di un lavoratore cambia radicalmente il proprio significato e peso: rimane certamente un elemento di rilevazione di saperi e conoscenze, ma non fattore determinante di scelta da parte dei recruiter.

Questo è dovuto alla scomposizione dei saperi in termini molecolari e alla digitalizzazione del mondo dell’apprendere, e quindi dell’educazione e della formazione.

Questo processo, che era già in atto negli anni passati – con l’avvento e lo sviluppo dei MOOC e sotto la spinta di LinkedIn attraverso Lynda prima e LinkedIn Learning ora –  è stato accelerato e stimolato al massimo della potenza nell’era Covid che ha messo in luce l’impellenza di ricorrere all’online, in quanto unica modalità possibile per fruire della formazione.

Le competenze sono gli elementi costitutivi del capitale umano. 

Un lavoro è sempre più definito dalle abilità che le persone utilizzano per svolgere i compiti e le responsabilità necessarie e sempre meno dai titoli posseduti e dai ruoli assunti precedentemente.

Sapere quali abilità definiscono una professionalità in modo univoco, quali invece differenziano un lavoro da un altro e come stanno cambiando le abilità fondamentali necessarie per un lavoro, potrebbero essere tutte informazioni essenziali per comprendere da una parte l’andamento del mercato del lavoro dall’altra il proprio posizionamento rispetto al ruolo ricoperto o a quello a cui si tende.

In questo periodo, la questione è estremamente attuale e sfidante tanto che, il Governo di una delle nazioni maggiormente colpite dal COVID, l’Italia, ha creato un dispositivo denominato Fondo Nuove Competenze per sostenere imprese e lavoratori.

Il Fondo, ovvero il governo, riconosce ai datori di lavoro il costo del personale (che comprende contributi previdenziali e assistenziali) relativo alle ore di frequenza dei percorsi formativi di sviluppo delle competenze del lavoratore ed il totale delle ore di formazione potrà arrivare fino a 250 ore a persona.

Sempre in questa direzione, LinkedIn, la più importante piattaforma di business al mondo, sta ridisegnando le sue funzione in base al Genoma delle competenze che studia esattamente questo fenomeno, ovvero la relazione tra professione/job label e competenze ed ha creato una nuova funzionalità – Career Explorer – che consente ai membri del social network di effettuare un benchmark tra le competenze di cui una persona dispone e quelle invece richieste dal mercato del lavoro in una data parte del mondo.

Quindi, la dominanza dei titoli di studio per avere successo e fare carriera pare essere definitivamente superata dal possesso di competenze certificate, contemporanee e in linea con quanto il mercato sta cercando qui ed ora.

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